Ci mancavano le locuste! Il richiamo alle “spiegazioni” di John Belushi nel film “The Blues Brothers” è inevitabile, ma non c’è purtroppo niente da ridere. Non bastava che lo Yemen fosse fatto a pezzi da una guerra che, pudicamente, molto pudicamente, i media definiscono “civile” mentre è un conflitto scatenato dall’Arabia Saudita e dagli Usa dietro il paravento; ora le piogge stanno moltiplicando le zone di riproduzione delle locuste del deserto. Gli esperti prevedono un calo di produzione di cereali a 365 mila tonnellate, cioè a meno della metà dei livelli anteguerra.
Tra questo mese e il prossimo Natale, il 40% della popolazione sarà a rischio fame. Lo dicono i rapporti di agenzie internazionali come la Fao e l’Unicef.
Ai cinque anni di guerra si sommano l’invasione di locuste e l’irruzione della Covid-19. La crisi economica è ormai endemica: la moneta locale, il riyal yemenita, va a picco: 1.000 riyal equivalgono a circa 3 euro.
Sono sei anni che le forze governative, sostenute da Riyad e Washington, tentano inutilmente di soffocare la ribellione degli Houthi, i quali pezzo dopo pezzo sono arrivati a controllare l’intero Yemen settentrionale.
Sullo sfondo c’è l’antica rivalità tra sciiti e sunniti, ma questa guerra sfavorisce l’influenza americana sul Mar Rosso e il Golfo di Aden, cioè sul traffico marittimo soprattutto di petroliere.
Con più di 4 milioni di sfollati e 250mila morti (su 28 milioni di yemeniti), questa è una guerra che non smuove le “coscienze democratiche” perché non minaccia di allargarsi. Resta confinata in quell’area senza alcuna possibilità di fare da detonatore per un conflitto che veda i veri protagonisti scendere in campo in prima persona. L’Iran, che è a forte maggioranza sciita, mostra simpatia verso i correligionari yemeniti, ma non può fare più di tanto. Teheran è già sotto attacco statunitense (mediatico, economico e militare) che, con la presidenza Trump strettamente legata ad Israele, si sta aggravando in una pericolosa escalation.
Le agenzie dell’Onu stanno intervenendo in Yemen per fronteggiare la fame e la pandemia Covid-19, ma la pace nella regione è cosa che va decisa ai “piani alti” della geopolitica.