Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è candidato a Lord Protettore e Conducator d’Italia. Le disgrazie causate da politicanti e magistrati alle città di Venezia e di Taranto sono magnifiche opportunità per esercitare il decisionismo risolutore che furono di Cromwell a Londra e di Ceausescu a Bucarest. Va tra operai e politici locali a promettere soldi e immediate soluzioni. Fa le facce giuste al momento giusto: accorata, partecipe, commossa, decisa, arrabbiata… è proprio il caso di dire che una ne dice e cento ne fa (di facce).
Gli consentiranno i suoi amici e alleati di surclassare tutti e imporsi all’attenzione delle italiche genti come già fece Silvio Berlusconi negli Anni Novanta del secolo scorso e in questi anni sta provando inutilmente a fare Matteo Salvini? Certo è che questo avvocato-professore è stato sottovalutato parecchio. Da Salvini in primis. Il capo leghista, infatti, fu sorpreso e fregato dalle sue performance nel teatrino politico. Poi, dalla brutta accoppiata Zingaretti-Di Maio. I due avevano basato il loro incesto sulla ingenuità dell’accademico-leguleio e adesso hanno difronte un onnipresente commesso viaggiatore del tutto incontrollabile. Dal canto suo, il vecchio democristiano Sergio Mattarella, attuale inquilino nel palazzo di Monte Cavallo, s’è subito schierato a fianco del presidente del Consiglio (che tutti chiamano premier e non si capisce perché) uscente aiutandolo a fare il bis.
Perché le tragedie di Venezia e Taranto sono il combinato disposto di politicanti e magistrati? Pur senza conoscere le secrete cose sotterranee di ambedue le vicende, si possono elencare dei fatti che denunciano le colpe di toghe e politicastri.
Il Vecchio Testamento racconta che Mosè fece attraversare il Mar Rosso ai migranti israeliti senza che si bagnassero i piedi. Le cronache italiane raccontano che il Mose (acronimo di Modulo sperimentale elettromeccanico) non ha fermato l’acqua alta nella Laguna. Contro il marchingegno (datato 2002) inventato a scudo di Venezia è stata condotta una guerra continua. Come sempre accade in Italia da decenni, i concorrenti e gli avversari politici si rivolgono alla magistratura per vincere o semplicemente per bloccare il fronte opposto. I magistrati si buttano a pesce in nome della giustizia etcetera ecceterone. Morale: i lavori vengono bloccati in attesa di “fare luce” (in effetti si spengono pure i lumini), fioccano le denunce e gli arresti, arrivano i commissari straordinari che di straordinario hanno soltanto i loro compensi e aumentano costi e spese varie. Tutto va bene finché non arriva l’acqua alta ad annegare i fruttuosi giocherelli. Conte interviene e promette il rapido completamento dei lavori ed immediati rimborsi ai danneggiati.
Quello di mettere di mezzo i tribunali per non darla vinta ai vincitori di un appalto è un vecchio vizio legittimato dai codici. Sarebbe sufficiente una legge che garantisse la prosecuzione dei lavori in corso nonostante denunce e arresti. Nei Paesi civili si fa così. Se al termine di indagini e processi, i vincitori di un appalto risultano colpevoli sborsano quattrini a palate e l’opera compiuta viene intestata agli imprenditori ricorrenti. Fare giustizia è cosa nobile e doverosa. Anche portare a termine i lavori di un’opera di pubblico interesse è cosa nobile e doverosa. Perciò, mentre i magistrati indagano e arrestano, i lavori debbono continuare.
A Taranto, l’intromissione della magistratura è stata ancora più terribile. Basti citare il fatto che migliaia di tubi già fatti e venduti in attesa di spedizione sono stati sequestrati come “corpi di reato”. La società ha perso i soldi della vendita, i clienti si sono rivolti altrove, i debiti sono aumentati e la giustizia cosa ci ha guadagnato? Piazzali affollati di manufatti. A rigore di codice, il coltello usato per uccidere è corpo di reato: a volte serve perfino a identificare l’assassino. I tubi prodotti dall’Ilva avevano un “colpevole” acclarato e non necessitavano di alcuna indagine dattiloscopica.
L’opinione che certi magistrati agiscano con l’obiettivo di avere spazio sui media e, spesso, di procurarsi un cadreghino si diffonde vieppiù tra la gente. E questa è un’altra picconata data al palazzo di giustizia.
Il presidente Conte si sta muovendo nella direzione giusta e in un momento nel quale la gente sta lì lì per scoppiare. Non soltanto a Venezia, a Taranto, a Matera o a Roma, il peso del mostro bicefalo politicanti-magistrati è diventato insopportabile. È tutta l’Italia che chiede uno stop all’andazzo ricorrente e un nuovo inizio. Questo Conte l’ha capito intraprendendo la strada dell’uomo forte e risoluto al comando. Un bel mix di Cromwell e Ceausescu.